La pagina che apriva UN NUOVO MONDO

di Renato Palmieri

Il 18 marzo del 1969 (come si legge nell'immagine in alto a destra) scribacchiavo, sul tavolo dove facevo colazione, la pagina qui riprodotta, che perciò risulta in qualche parte palesemente unta. Vi si trovano abbozzate le prime confuse idee di un tentativo di ricerca su moti e propagazioni gravitazionali, che sarebbero sfociate trentasette anni dopo nella pubblicazione del libro presentato più oltre. Quella pagina, appunto, stava aprendo "un nuovo mondo".

Formidabili interessi sono oggi coalizzati per la conservazione di un mondo parkinsoniano di tecnica senza scienza, incapace persino di "vedere" - letteralmente - che la gravitazione non è a simmetria sferica e isotropa, come la descrive Newton, ma è polarizzata e anisotropa, come la più ovvia delle calamite. Su questa cecità si svolgono dibattiti simili alla "dotta disputa" che accalora gli ospiti del quinto capitolo dei Promessi Sposi.

Il libro, del quale offriamo appresso la presentazione e che ha avuto l'alto patrocinio, nella sua prima edizione, dell'ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI, rappresenta la naturale lunga elaborazione di quel primitivo fermento intellettuale, che era come rivolto inconsciamente a tentare una messa a fuoco del panorama dell'Universo.

 Esso è ora alla ricerca di un nuovo organismo editoriale, che, ritenendo valido il carattere rivoluzionario dell'opera, si assuma il compito di pubblicarne una seconda edizione, ampliata e arricchita di ulteriori documenti naturali e fisico-matematici a suo sostegno. Vogliano i lettori antichi e nuovi collaborare, ci auguriamo, a tale ricerca.

 

  info@artetipografica.it

 

La presentazione del libro

L'Introduzione al libro

                                                                            di Luciano Cattaneo

 

N.B. La pubblicazione fa seguito a due conferenze tenute dall’autore nei giorni 29 marzo e 9 maggio 2006 nella sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici in Napoli (Palazzo Serra di Cassano, via Monte di Dio 14), con l’intervento di Roberto Germano, Fisico della Materia.

I titoli delle due conferenze, riferibili anche al carattere generale del libro, furono rispettivamente i seguenti:

1) Totalità e unità: Universo Unigravitazionale (Una nuova visione della realtà fisica).

2) Necessità di un nuovo paradigma per la Scienza, alternativo alle teorie fisiche correnti.

 

Avvertenza per il CD “Olopoiema”, allegato al libro

Il valore limite di a′/a approssimato al valore zero come 0.00000000001 – può dare al computer un errore grafico: cfr. testo, pag. 80. In tal caso, abolire uno zero nella parte decimale. Ciò, in particolare, nella fig. 2 di pag. 70.

 

Errata corrige nel libro

Pag. 69, terzultimo rigo:  Leggere cliccare.

Pag. 75, terzultimo rigo:  ...fotone. Si rappresentano,...

Pag. 203, nono rigo:  Nella formula immettere il segno di fratto / prima della parentesi.

Pag. 203, dodicesimo rigo:  Nella formula scrivere ε al posto di e.  

Pag. 299, sesto rigo:  Sostituire per a e m l'apice ' al rettangolino vuoto, scrivendo a', m'.

A pag. 1 l'indirizzo del sito in calce è stato modificato:

http://xoomer.virgilio.it/cid12

 

ATTENZIONE

Chiunque condivida il seguente STATO DI ACCUSA, lo inoltri a propri conoscenti comunicandone l'indirizzo telematico http://xoomer.virgilio.it/cid12/coper.htm

Avrà così contribuito a sbrecciare il muro di cinta d'un "pensiero unico" in cui è arroccato acriticamente lo scientismo accademico, in un mondo che - proprio a causa di esso - è oggi completamente privo di bussola.

Lo Stato di accusa si presenta verso le due facce del pensiero unico contemporaneo: quelle rispettivamente delle teorie fisiche e biologiche, che vengono contrabbandate come matrici probanti dei risultati sperimentali, mentre ne sono una lettura del tutto cervellotica e "a posteriori".

 

 

STATO DI ACCUSA

contro lo scandalo della fisica teorica contemporanea

di Renato Palmieri

repalmi@tin.it

 

Epigrafi della "scienza" attuale (6 settembre 2007):

                                                                                                            LA REPUBBLICA:  Londra, via libera agli embrioni-chimera

                                                                                                            IL MATTINO:         Londra, sì agli embrioni uomo-animale

 

Premessa

Il titolo STATO DI ACCUSA qui usato non è metaforico, ma è rivolto con precisione letterale alla comunità scientifica nel suo complesso. Vuol dire che – scientemente o anche solo oggettivamente – essa si fa responsabile di una colossale mistificazione che da oltre un secolo inquina il corso del pensiero umano, nell’interesse esclusivo di una congrega di custodi di tale inganno e del potere che ne deriva loro.

Occorre fare una precisazione, che serve a sconsigliare la tentazione che potrebbe nascere in qualcuno: quella, cioè, di ricorrere al braccio secolare di un tribunale – come si faceva in passato con la minaccia del rogo – per indossare la pelle del lupo e farsi dare ragione al fine di ricavarne personali profitti. Perciò qui si dichiara formalmente, una volta per tutte, che l’accusa è e rimarrà sempre rigorosamente "contro ignoti", intendendosi per comunità scientifica quella planetaria, senza alcun riferimento a singoli scienziati o specifici enti e corporazioni. Questi, presi per nomi e individuazioni varie, sono in ogni caso presuntivamente non in discussione per qualità intellettive, professionalità e buona fede, quali che siano le idee di cui si fanno sostenitori e che – sempre presuntivamente – vanno considerate come meri errori dottrinari. I titolari di tali errori, peraltro, sul piano della storia e dell’ immagine personale si assumeranno il rischio e la responsabilità di continuare a favorire col proprio atteggiamento la perpetuazione d’un corso di cose rovinoso per l’umanità.

Da troppo lungo tempo, infatti, la coscienza di milioni di persone – non competenti o anche studiosi in ottima fede – è condizionata e offuscata dal predominio di una lobby di "teorici" della fisica, che propagandano un tessuto di vere e proprie favole suggellandole con un crisma di presunta scientificità. Nell’impossibilità di elencarle tutte in questa sede, scelgo quella che mi sembra la più adatta a dimostrare la grossolanità mentale dell’attuale metodo scientifico. L’esempio mi è offerto dalle pulsar. Le prime pulsar scoperte presentavano picchi radio con un periodo dell’ordine dei secondi: si pensò allora, dopo varie congetture strampalate, di strizzare una stella a dimensioni minime per costringerla a compiere una rotazione completa in quel tempo brevissimo. Nascevano così le "stelle di neutroni". Era una prima stupidaggine, cui tenne dietro una catena di inconcepibili idiozie, quando si scoprirono pulsar luminose (non più solo radio-stelle) dal periodo di millesimi di secondo. Ebbene gli astrofisici, invece di rinsavire e cambiare idea sul fenomeno, andarono riducendo via via le stelle a capocchie di spillo, di immane densità, fino al limite di quell’altra favola imbecille rappresentata dai "buchi neri"!

Gli effetti di tutto ciò non sono indolori: l’umanità attraversa una crisi epocale di una gravità estrema, come è noto a tutti, alla quale i progressi della tecnica e del tenore di vita di una parte del mondo sono impotenti a porre rimedio, perché la causa reale della crisi che viviamo è lo stravolgimento dei fondamenti stessi della conoscenza, che è sostanza ontologica dell’essere umano.

Diciamo subito, senza mezzi termini, che la relatività einsteiniana, assurta incredibilmente a mito d’una suprema intelligenza, è la manifestazione principale di un pensiero-zombi che ha devastato la ragione umana per oltre un secolo. Si tratta in realtà – come si dimostra subito – d’una teoria nata nelle sue due fasi da due princìpi insussistenti e corredata di "prove", che hanno la stessa validità dei regalini messi per i piccoli attorno al camino come prove della Befana. Purtroppo, per il genere umano, è stata la Befana tragica d’un secolo attraversato da orrori spaventosi, che stendono la loro ombra lunga anche sul presente.

Motivazioni

Mi attengo in questa sede a un’esposizione necessariamente molto sintetica dei problemi tecnici ed epistemologici più generali, che hanno il loro inquadramento di fondo nel nuovo paradigma scientifico dell’UNIVERSO UNIGRAVITAZIONALE, presentato organicamente su Internet http://xoomer.virgilio.it/cid12 e oggi anche in un libro. Questo, intitolato come il sito (La Fisica Unigravitazionale e l’Equazione Cosmologica, Arte Tipografica Editrice, Napoli 2006, pagine XVIII, 376) è stato pubblicato a cura del benemerito Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, dove ho tenuto tre conferenze introduttive e un corso di sei conversazioni d’insieme (riversate in DVD). Esso è il testo base d’una nuova visione dell’Universo e già con i soli due elementi del titolo, più l’immagine del Nautilo in copertina, rappresenta il varco ineludibile dal quale dovrà passare il pensiero scientifico: la gravitazione come unica forza cosmica e l’ "equazione cosmologica", estratta da una semplice conchiglia e posta alla base di tutte le strutture esistenti. La pubblicazione è stata per me il traguardo di circa quarant’anni di studi: un traguardo ormai autonomo dalla mia azione personale, che continuerà tuttavia ad essere – come è stata finora – irrituale e senza riguardi per qualsiasi "autorità" dottrinaria.

Vengo ora alla teoria della relatività, ultima e più grande frana della logica scientifica.

Che un simile guazzabuglio di assurdità sia potuto durare sulla scena per più di un secolo, costituisce uno scandalo unico, il più grave in assoluto nella storia del pensiero umano e tale da fare impallidire il ricordo del vecchio tolemaismo venuto al confronto della rivoluzione copernicana. Ne è titolare la potenza della lobby citata all’inizio, che vi ha individuato molto presto le possibilità di soggiogare, proprio con l’imbonimento d’un assurdo diventato inappellabile, le coscienze dei profani e di un esercito di creduli seguaci.

Parto dalla falsità dei due principi fondativi.

Costanza della velocità della luce (relatività ristretta, 1905). Il principio è nato surrettiziamente dalla incomprensione del fenomeno delle "frange di interferenza" nell’esperimento Michelson-Morley (1881). Bisogna premettere che ancora oggi l’ottica geometrica del fenomeno è completamente sconosciuta, come riconosce Erwin Schroedinger nell’articolo Che cos’è la materia?, pubblicato in LA FISICA E L’ATOMO, Zanichelli editore, Bologna 1969. La realtà è che tali frange non rappresentano l’andirivieni ondulatorio dei fotoni-corpuscoli della luce, come crede la fisica accademica, immaginando che un loro presunto spostamento possa avere un qualsiasi significato in rapporto al problema che ci si proponeva (esistenza dell’etere). Esse, invece, studiate correttamente – come fa la fisica unigravitazionale –, dimostrano di essere onde stazionarie, solidali con l’apparecchiatura che le produce, e quindi inamovibili da quella: sono, cioè, del tutto indipendenti dal movimento della Terra in qualsiasi direzione dello spazio siderale (a somiglianza di un arcobaleno, solidale con la rotazione terrestre). E’ del resto addirittura comico il fatto che, quando si misura la velocità della luce nell’unico modo corretto di farlo, ovvero con uno strumento ottico diretto (cannocchiale, telescopio, apparecchi simili) e quindi nella forma corpuscolare dei raggi luminosi (come nelle misurazioni di Fizeau), si riscontra inequivocabilmente la composizione della velocità della luce d’una stella con quella dell’osservatore terrestre, tale da costringere a calcolare l’angolo di spostamento (aberrazione) dello strumento tra la posizione reale della stella e quella visuale. Scientemente spudorato è, a questo punto, il tentativo di adottare dei "correttivi" relativistici per raddrizzare sul fenomeno vero le gambe storte della relatività.

Principio di equivalenza tra massa inerziale e massa gravitazionale (relatività generale, 1916). Il secondo "fondamento" della relatività è il secondo cieco della catena di Brueghel, rinchiuso questa volta nel cosiddetto "ascensore di Einstein". Andiamo per questo a quattro secoli indietro: alle pietre che, come si dice, Galileo faceva cadere dalla Torre di Pisa. Orbene, che i gravi di massa differente cadano con la stessa accelerazione – e cioè che il peso sia proporzionale alla massa – è cosa che appare vera solo su brevi distanze. Ancora una volta si mostra chiaramente, ma si vedrà appresso ogni volta qualsiasi, che, per sostenere ad oltranza un errore di base, si è costretti a invischiarsi in una catena di altri più gravi errori. E’ un fatto descrittivamente ben noto (vedi SCIENZA & TECNICA/72, Annuario della EST Mondadori, Materiale extraterrestre sulla Terra, di Brian Mason) che, quando un meteorite si frantuma nell’alta atmosfera, i frammenti non cadono al suolo tutti nello stesso tempo, come vorrebbe la legge ipotizzata da Galileo e fatta propria da Einstein, ma, in una precisa successione, prima i piccoli e poi via via i più grandi. Avviene, cioè, la stessa cosa (vedi fisica unigravitazionale) che si riscontra per le particelle in uno spettrografo di massa: le più piccole sono accelerate di più e incurvate maggiormente rispetto alle più grandi. Ma ecco che, nell’articolo citato, la spiegazione del fenomeno, incomprensibile per la fisica ufficiale, tocca i vertici del ridicolo: la differente accelerazione dei vari pezzi dipenderebbe non già da una diversità di "forza" esercitata dal campo gravitazionale, come direbbe giustamente un bravo studente di liceo, ma da una diversa "quantità di moto" posseduta (ex post!) dai frammenti, la quale così assume una miracolosa proprietà di "forza"! I particolari di questa lettura di fantasia peggiorano la situazione, perché i frammenti più grossi, che vanno più lontano, sono stimati più veloci, mentre è vero il contrario: essi sono in realtà più lenti, e proprio per questo cadono dopo! (La motivazione sbagliata, accolta nella prima edizione dell’Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, alla voce "Meteorite", è sparita nella successiva!). La caduta su Giove dei frammenti della cometa Shoemaker- Levy nel 1994 è la conferma lampante della mia analisi.

Crollati i due presupposti di base della relatività, che si sono rivelati inconsistenti, una fisica teorica intellettualmente onesta dovrebbe pregare la relatività di togliere il disturbo. Ma, al contrario, i fisici contemporanei pretendono di avanzare le "prove" d’un falso evidente, come fanno gl’indagati del famoso tenente Colombo. Mi occuperò di alcune di tali prove.

Le "prove" della relatività

Due di queste "prove" sono particolarmente illuminanti sotto il profilo del metodo usato dai fisici relativisti e meritano perciò la precedenza nell’elenco che segue. Non entrerò nel dettagli dei problemi, che si possono trovare nei testi comuni e, per quanto mi riguarda, nel già citato mio libro.

Spostamento del perielio di Mercurio. La questione è trattata esaurientemente nell’Enciclopedia Italiana alla voce "Relatività". In sintesi, sui nove pianeti e le decine di loro satelliti si sono trovati due soli casi in cui è stato possibile effettuare i calcoli: Mercurio e Marte. Una persona ragionevole penserà che la validità della teoria sia stata verificata con successo in entrambi i casi. In realtà il risultato ha dato esito presunto positivo al cinquanta per cento, cioè solo per Mercurio, e per giunta con molte riserve chiaramente espresse nello stesso articolo sul valore del controllo. Per Marte, invece, la previsione di Einstein è andata sotto di ben sei volte il vero, del che si è tentata anche una patetica giustificazione. Si tratta quindi di una prova a testa o croce.

Dilatazione del tempo. Se ne adducono due "prove": una si riferisce al famigerato "paradosso dei gemelli", che sarebbe stato verificato con due orologi in volo su direzioni opposte intorno alla Terra. A prescindere dal fatto della vanità realizzativa di una simile idea, si dà il caso che i teorici della relatività non sono nemmeno d’accordo tra di loro, se all’arrivo i due orologi debbano, a norma della teoria, trovarsi ancora sincronizzati oppure no. La polemica è molto accesa: si leggano in proposito gli articoli di Giulio Cortini – al quale procurai un’arrabbiatura – su "L’Espresso"-Colore del 9 aprile 1972 (L’orologiaio dell’equatore) e di Angioletta Coradini sul n. 750 di "Sapere" del luglio 1972 (Una nuova interpretazione del paradosso degli orologi). Ancora una volta la prova è quella del testa o croce.

L’altra "prova" della dilatazione del tempo la troviamo nello stesso articolo di Cortini prima citato: la "vita media" dei muoni. Cominciamo col dire che i fisici teorici chiamano "vita media" delle particelle quella che è la loro "agonia media", cioè la durata della loro disintegrazione, o decadimento. Dunque, i velocissimi muoni dei raggi cosmici manifestano, morendo (e non vivendo) nell’alta atmosfera, una durata di decadimento superiore a quella di laboratorio. Scartando l’intervento miracoloso di Santo Einstein, io osservo semplicemente che particelle più veloci (quelle dei raggi cosmici) sfuggono meglio alle interazioni gravitazionali incontrate lungo il percorso, le quali sono appunto la causa disgregante della loro consistenza corpuscolare. Solo per questo la loro "agonia" dura di più.

Trasformazione della massa in energia. Diciamo preliminarmente che i fenomeni nucleari erano abbondantemente noti prima della formula einsteiniana, che rappresenta, quando nasce, solo l’equazione cervellotica di un grosso botto. In primo luogo, la massa si trasforma in un fantasma detto "energia" esclusivamente nell’immaginazione fantascientifica di Einstein: quella massa che apparentemente si perde nei fenomeni di fissione o fusione è la parte di essa a cui i fisici non riescono a mettere il sale sulla coda al momento del botto, trattandosi di uno sciame di infinitesimali corpuscoli dotati delle immense velocità che avevano, non visti, nelle strutture nucleari e che poi determinano la loro distruttiva capacità di penetrazione (ecco il senso del fantasma "energia"!) nell’ambiente materiale circostante. Chiarito questo, sarà bene leggere ancora la voce "Relatività" nella citata Enciclopedia Italiana al capitolo Equivalenza della massa e dell’energia. Vi si trova che, nel sostituire c a v nella formula classica E=mv2/2 e volendo eliminare da essa il fastidioso "/2", si aggiungerà a m una quantità equivalente di prodigiosa "energia raggiante" E di massa m=E/c2, così da raddoppiare m e arrivare finalmente alla sospirata E=mc2, che fa più bella figura sulla tolda della portaerei. Di fronte a un simile "epiciclo" Tolomeo si nasconderebbe.

Lievitazione della massa con la velocità. E’ questa la beffa più grande che la relatività ha giocato a se stessa. Avendo abolito l’etere con l’esito fuorviante dell’esperimento Michelson-Morley (come s’è visto sopra), nel momento in cui ha in mano per altra via la prova della sua esistenza, non lo può riconoscere e inventa quella che io chiamo la "relatività delle scimmie". Supponiamo per assurdo che ci sia da qualche parte un popolo di scimmie, che abbia tutte le ordinarie conoscenze umane, ma neghi l’esistenza dell’aria. Messe di fronte all’esperienza di un corpo che cade da un aereo, come reagirebbero le scimmie osservando che l’accelerazione di gravità non è costante ma diminuisce fino ad annullarsi, e cioè che la velocità di caduta del corpo cresce sempre meno, fino a diventare costante prima dell’arrivo al suolo? Sarebbero costrette a inventarsi un miracolo: ovvero, che la massa cresce matematicamente fino a diventare infinita, quando la velocità diventa costante. Questo è proprio ciò che sostiene la relatività per quanto avviene alle particelle nel vuoto degli acceleratori: qui, infatti, a campo magnetico costante, l’accelerazione decresce, fino a una velocità costante delle particelle, al limite della velocità della luce, che proprio per la resistenza dell’etere è costante nel vuoto. In altri termini, come le scimmie non vedono l’aria, Einstein non ha visto l’etere.

NOTA: All'idea insensata dello "spazio curvo" (che i relativisti fingono di capire e di farci capire che cosa mai sia) si associa come una grande conferma per Einstein la "deflessione della luce": fenomeno vero, che conferma in realtà il fatto sopra rilevato per i meteoriti, che cioè il campo unigravitazionale si comporta anche con la luce come uno spettrografo di massa, che incurva con una propagazione spirale tutte le particelle, di poco le più veloci e le più piccole, come appunto i fotoni (i quali dunque hanno una massa non nulla!).

Tutt’intorno alla relatività si estende un arcipelago di dottrine affiliate: stelle di neutroni, buchi neri, big bang, universo in espansione, teorie delle stringhe, ecc., quasi un universo alla Disneyland. Cose sostenute dal mondo accademico di oggi con un’arroganza senza limiti e trattate col sottinteso che esse siano assolute verità di fatto, con l’ostracismo inflitto in ogni luogo di potere a chi se ne fa avversario. Emblematico il caso dell’astrofisico Halton Arp, negatore della fandonia del big bang.

Per fortuna, c’è qualche voce anche nel mondo accademico che avverte lo sconfinamento delle attuali teorie cosmologiche nei regni della fantasia: per esempio, quella del Nobel Robert Laughlin nel suo libro Un universo diverso. Purtroppo una critica non basta: il risanamento del pensiero scientifico è possibile, in realtà, solo sostituendo all’attuale Babele un paradigma conoscitivo radicalmente nuovo. L’UNIVERSO UNIGRAVITAZIONALE è l'alternativa.

Napoli, 16 agosto 2007

 

STATO DI ACCUSA

contro lo scandalo della biologia teorica contemporanea

di Renato Palmieri

repalmi@tin.it

 

Premessa e riferimenti del presente Stato di accusa sono gli stessi prima considerati a motivare l'accusa alla fisica odierna: in particolare, consiglio la lettura del primo argomento della sezione VII (Etica e conoscenza) del citato sito Internet, intitolato Caso o finalità?

Prescindendo dalla classificazione storica delle diverse teorie biologiche moderne, data per conosciuta, prendo qui di mira il neodarwinismo contemporaneo, da Monod a Dawkins: come per la fisica con Galileo e Newton, mentre i capiscuola segnano una svolta positiva nel tempo per il progresso del pensiero scientifico, anche nella storia della biologia con Darwin (che in una seconda fase inclinò al lamarckismo), sono gli epigoni e i seguaci passivi d'un'idea originaria a combinare i guai peggiori, creando assurde mitologie teoriche a sostegno di situazioni di potere.

Alibi privilegiati del "pensiero unico" sono i sostenitori di folli teorie creazionistiche, come quella di una Terra creata alcune migliaia di anni fa. Per contro, i neoevoluzionisti nascondono accuratamente a sé e soprattutto agli altri che i quattro miliardi di anni dell'evoluzione, nonostante l'apparente enormità di tempo, sono nulla per un processo morfologico casualistico dagli elementi primordiali all'uomo.

Come si possa corroborare surrettiziamente lo status d'un "pensiero unico" di carattere neodarwinistico, ci viene dimostrato in modo emblematico da un articolo del genetista Edoardo Boncinelli uscito su LE SCIENZE nel numero attuale (n. 476, Aprile 2008), a partire dal titolo: Dieci  punti per Darwin.

Chi legge, intende a prima vista che si tratti di dieci punti di prova a favore della teoria di Darwin. In realtà, dopo la dotta e specialistica elencazione, risulterà soltanto che vi sono abborracciati dieci aspetti problematici della teoria, le cui interrelazioni sfuggono completamente ai non addetti ai lavori (rigorosamente esclusi da ogni contesto accademico) e che comunque nulla sostanzialmente dicono a pro di Darwin. Eccone la serie testuale, ripresa dalla rivista "Nature", come "dieci idee principali" che riassumono "l'eredità concettuale di Darwin": "selezione naturale, albero della vita, classificazione delle specie sulla base della loro genealogia, estinzione in seguito a selezione, "tempo profondo" - deep time, cioè l'enormità della scala dei tempi trascorsi - e ancora la distribuzione biogeografica dei viventi, la selezione sessuale, la coevoluzione, l'economia della natura e infine il cambiamento graduale".

Dopo averci assicurato che "ciascuno dei dieci punti è stato menzionato e commentato più volte", Boncinelli ne sceglie uno da considerare in dettaglio: la coevoluzione, cioè l'evoluzione coordinata di organismi o di parti di organismi interagenti tra loro, come tra le piante e gli insetti impollinatori.

Il primo esempio riguarda la capacità "previsionale", e quindi "sperimentale", del darwinismo: un'orchidea africana con una corolla di 30 centimetri, che suggerì a Darwin l'ipotesi - poi verificata - di un insetto dotato di lingua della stessa lunghezza. Ma chiunque non sia suggestionato dall'illusionismo del "pensiero unico", si rende conto che un'evoluzione casualistica o una finalistica si equivalgono per tale risultato.

Il secondo esempio è il fiore del gigaro (Arum maculatum): "Il fiore attrae un insetto impollinatore che vi resta intrappolato perché speciali piccole appendici interne del fiore lo lasciano entrare ma non lo fanno uscire. L'insetto gira all'interno del fiore finché non realizza l'impollinazione. Dopo che ciò è accaduto ha inizio una maturazione del fiore, che cambia leggermente forma e libera l'insetto". A questo punto, Boncinelli avanza un'osservazione naturale, che però subito respinge: "Pare impossibile  che questo sia accaduto per caso, e si propone forte l'idea che dietro tutto questo ci sia un progetto, se non un progettista, come dietro un orologio c'è un orologiaio". Ma ecco che interviene il preconcetto autoreferenziale della "scala dei tempi": gli anzidetti quattro miliardi di anni dell'evoluzione sembrano a lui un tempo enorme, tale da garantire la possibilità di un'evoluzione avvenuta per selezione casuale.

Lo stesso Boncinelli, tuttavia, ci offre subito la prova dell'arbitrarietà della sua valutazione del "tempo profondo", dandoci la notizia che "anche un grande fisico come Lord Kelvin sentenziò che non c'era stato abbastanza tempo perché si fosse evoluto tutto quello che si è evoluto". Ciò riferito, se la sbriga con la sommaria condanna di questa "idea piuttosto sbagliata della lunghezza del tempo trascorso" e chiude soddisfatto il suo apodittico discorso, apertosi col minaccioso annunzio dell'orgia di festeggiamenti che ci si preparano per il 2009, bicentenario della nascita di Darwin.

Conclusione

Non mi resta, ora, - come corrispettivo del famoso viaggio di Darwin alle Galapagos, fondamento dell'Origine delle specie - altro che uscirmene sul terrazzo di casa mia e fotografare questo geranio:

 Sono evidenti il trivium dei tre petali superiori, più sottili, e il bivium dei due inferiori, più grossi: tra questi si situano gli organi sessuali del fiore. E' la stessa struttura formale che nel regno animale va dagli echinodermi zigomorfi del Paleozoico all'Uomo di Leonardo e in quello vegetale perviene alla specializzata Orchidea. Al punto che, non molto tempo fa, sulla rivista FOCUS fu pubblicata una fotografia di orchidea, tanto somigliante a una figura umana da suggerire al fotografo la didascalia: Sorrida, prego!

Si tratta quindi, semplicemente, di domandarsi come può essere accaduto che una serie identica di modificazioni casuali abbia portato a una morfologia omologa dopo la separazione dei due regni, animale e vegetale, risalente a miliardi di anni fa.

La risposta a tale domanda chiude il cerchio con le epigrafi sugli embrioni-chimera che ho preposte alle questioni della fisica: se l'universo fosse sotto il segno del caso, dovremmo consentire con Monod sulla sorte umana (Il caso e la necessità): "L'uomo finalmente sa di essere solo nell'immensità indifferente dell'Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo". Per fortuna un geranio ci assicura il contrario.

Napoli, 13 aprile 2008